Telling Tales, a londra, Victoria and Albert Museum

DURATA: fino al 18/10/09

Fonte: exibart.com
Un guardaroba coperto da 610 foglie di bronzo, smaltate e dipinte a mano, che si aprono a scoprire un albero anch’esso in bronzo. Volpi imbalsamate, una mucca acefala per divano e pantofole a forma di talpa. Varcando la soglia di Telling Tales. Fantasy and fear in contemporary design, stupore e perplessità sono i primi pensieri che salgono alla mente; improbabilità la prima definizione.
Mobili, ceramiche, lampade e installazioni di grandi dimensioni - cinquanta in tutto - divertenti e simbolicamente complessi, in cui l’aspetto pratico e funzionale è subordinato a decorazione e simbolismo. Sono creazioni di una nuova generazione di designer del XXI secolo, che si propone di esplorare il potenziale narrativo di oggetti nati per soddisfare bisogni pratici.
In pieno accordo con la tradizione del V&A - documentare la storia delle tendenze correnti - il curatore Gareth Williams ha creato un percorso narrativo che, abbattendo i confini fra arti “maggiori” e arti “minori”, apre un dialogo tra il design contemporaneo e quello del passato all’interno della stessa mostra. Da qui la struttura in tre parti di Telling Tales.
Si passa così dagli oggetti ispirati alle favole, ai miti e alla natura della prima sala, The Forest Glade - con lo spettacolare Fig leaf wardrobe dell’olandese Tord Boontje - a quelli ispirati al genere del romanzo e all’illustrazione satirica del XVIII secolo della seconda, dal titolo evocativo The Enchanted Castle. Attraverso satira e parodia, i designer di questa sezione mettono in discussione il gusto decorativo corrente, come nell’ironico Cinderella table (1976) di Jeroen Verhoeven, in marmo solido tagliato al laser, che unisce le linee di una scrivania e un tavolo settecentesco; o nell’inquietante Robber Baron cabinet di Studio Job, armadio in bronzo dorato con un grande buco nero al centro che ne trapassa le ante, modellato su una creazione dell’ebanista parigino André-Charles Boulle, ora alla Wallace Collection.
Sebastian Brajkovic - Lathe chairs VIII - 2008 - courtesy Carpenters Workshop Gallery, London
E come Gulliver in Liliput, il disagio del cambiamento di scala, delle forme tradizionali e dei materiali costringe chi osserva a riconsiderare la sua (altrimenti) passiva accettazione della realtà.
Quando, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, le scoperte dell’inconscio di Freud, del tempo come durata di Bergson e della relatività di Einstein aprono uno strappo nel cielo di carta delle certezze del positivismo ottocentesco, il modo di percepire la realtà cambia per sempre. Non più dati assoluti, passato presente e futuro si relativizzano. Disagio, malessere e una rinnovata consapevolezza della mortalità diventano i nuovi “valori” dell’uomo contemporaneo.
Questa riflessione sul nostro (tragico) passato e sul nostro (altrettanto tragico) presente trova spazio nell’ultima sezione della mostra, dal titolo Heaven and Hell. Dalla volpe imbalsamata (che tanto ha fatto discutere) della canadese Kelly McCallum, dal titolo provocatorio Do You Hear What I Hear?, al Sensory Deprivation Skull di Joep van Lieshout, che mostra come la psicanalisi sia un viaggio nel territorio del nostro inconscio, questa sezione riflette l’ansia del nostro tempo.
Demakersvan/Jeroen Verhoeven - Cinderella table - 2008 - courtesy Carpenters Workshop Gallery, London