il suicidio di Pierino Vanacore, arrestato per il DELITTO DI VIA POMA nel 1990

Nel'agosto del 1990 venne uccisa con oltre 20 coltellate Simonetta Cesaroni, una bella ragazza di 18 anni, diventata al giorno d'oggi, suo malgrado, quasi un'icona dei delitti irrisolti, i cosiddetti "cold case"; così come l'ex portiere delle stabile di Via Poma a Roma (da cui il famoso "delitto di via Poma") è diventato quasi lo stereoptipo dell'accusato innocente, arrestato pochi giorni dopo il delitto, scontò quasi un mese di carcere per poi essere rilasciato (prima per insufficienza di prove, poi completamente scagionato, grazie a scontrini che ne attestavano la presenza in un negozio all'ora del delitto, e riscontri del dna.
Pierino Vanacore, era il suo nome. All'epoca aveva 58 anni. Fino a ieri ne aveva 78. Poi, improvvisamente, 4 giorni prima della data prevista per la sua nuova deposizione come testimone al processo riaperto sul delitto, si è suicidato. Viene immediatamente da pensare che abbia compiuto questo gesto disperato per la paura di essere nuovamente accusato. Perchè magari lui forse, direttamento o indirettamente, qualcosa c'entrava sul serio con quel terribile omicidio. Ma lui ha lasciato dei messaggi prima di uccidersi, motivando l'atto con la sua stanchezza verso quella che ritiene un'ingiusta persecuzione nei suoi confronti, e chiede che ora sia almeno lasciata in pace la propria famiglia. 
E' sicuramente possibile che lui sia stato innocente ma esasperato. E che sia stato "semplicemente" questo a spingerlo a farla finita. Forse per ottenere, finalmente, una volta per tutte, il SILENZIO.
Vero è che è di pochissimi giorni fa la notizia che è stato individuato il numero di telefono composto due volte la sera del delitto, proprio dal luogo del delitto stesso, e che il destinatario della telefonata fosse una persona indirettamente collegata alla famiglia Vanacore. Non si sa però chi l'abbia fatta questa telefonata. E forse, da oggi, non lo sapremo mai.

A seguire, la notizia di oggi riportata dal corriere.it, con tutti i dettagli delle indagini su questo suicidio.

Roberta Cirillo




PRIMA DI ANNEGARE



«Armeggiava con quella corda 
Poi Pietrino mi ha salutato»

Margherita Boffoli, l'ultima persona a cui Vanacore ha rivolto la parola prima di ingerire il diserbante|Foto

Margherita Boffoli
Margherita Boffoli
TARANTO— Margherita Boffoli è stata l’ultima persona a cui Pietrino Vanacore ha rivolto la parola prima di ingerire il potente diserbante e lasciarsi annegare in mare. Questa, almeno, è l’ipotesi investigativa che dovrà essere confermata con l’autopsia che si farà oggi. «Stai attenta, copriti bene che c’è molto vento», ha detto all’amica che gestisce la piccola osteria nella piazzetta di Monacizzo a due passi dalla sua casa in via Don Luigi Sturzo. E in effetti ieri tirava un vento gelido misto a pioggia. Il cielo era coperto da nubi pesanti. La zona del litorale interessato è quello di Torre Ovo, marina di Torricella. La donna ha notato in lui qualche ombra. «Anche se mi ha sorriso - racconta - Pietrino aveva qualcosa di strano, non era come tutte le altre volte». Una cosa, in particolare, le è rimasta impressa.
«Quando mi sono allontanata - dice - l’ho visto armeggiare con una corda che aveva preso dall’auto e con quella si dirigeva verso la scogliera. Non ci ho fatto troppo caso, ho pensato dovesse pescare o qualcosa di simile». Scoprirà con orrore che con quella fune bianca, lunga una ventina di metri, l’ex portiere di via Poma doveva assicurarsi che il suo corpo non finisse in fondo al mare. Quando l’ha scoperto è rimasta sconvolta. «Stavo tornando indietro dalla mia solita passeggiata - ricorda ancora - quando ho visto due persone in fondo alla scogliera che urlavano qualcosa e gesticolavano in maniera molto agitata». Quello che avevano notato i due testimoni, era il corpo di un uomo che galleggiava sullo specchio d’acqua profondo meno di un metro. Aveva una gamba legata ad una corda che proseguiva per venti metri sino ad un albero che costeggiava la litoranea in direzione di una Citroex Cx di colore grigio dove c’erano esposti due cartelli: «Vent’anni di persecuzione senza colpe, lasciate in pace almeno la mia famiglia», c’era scritto. Quel corpo era di Pietrino Vanacore e quella era la sua auto. E’ toccato agli investigatori del capitano dei carabinieri, Luigi Mazzotta, fare i rilievi e la prima ricostruzione di quanto è potuto successo. Pietrino avrà ingerito una quantità imprecisata del liquido bluastro contenuto in una bottiglia di plastica trovata sugli scogli vicino al corpo che fluttuava con le onde. Lo stesso prodotto è stato poi trovato nella sua confezione originale nel garage di casa Vanacore.


Il corpo di Vanacore portato via
Il corpo di Vanacore portato via

E’ un potente anticrittogamico, tipo Paraquat, utilizzato in agricoltura come diserbante. Ne bastano pochi sorsi per uccidere una persona. Dal boccione ne mancava mezzo litro. La ricostruzione a questo punto diventa l’unica possibile anche se non ancora accertata: Vanacore ha ingerito il veleno, magari in grande quantità, forse accompagnato da gocce di tranquillanti che aveva ricominciato ad assumere da quando si era riaperto il caso del delitto di via Poma. Poi si è seduto sugli scogli lambiti dal mare ed ha atteso così che il veleno facesse effetto. Raggiunto lo stato di semi incoscienza, infine, si sarà spinto nell’acqua dove èmorto. «Una ricostruzione plausibile ma ancora ipotetica», chiarisce il pubblico ministero di turno, Maurizio Carbone, che per oggi ha disposto l’autopsia che eseguirà stamane il medico legale Massimo Sarcinella. «Se l’esame ci dirà che è morto per l’anticrittogamico - dice - l’ipotesi del suicidio sarà quella prevalente; se non sarà così, dovremo aprire nuove e più complesse vie investigative», conclude il magistrato che intanto ha aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione e induzione al suicidio.
Nazareno Dinoi 


10 marzo 2010




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