Pasolini, un delitto italiano

Era il 2 Novembre 1975, o meglio era la notte tra il 1 novembre e il giorno dei morti. In quella notte un uomo perse la vita; ma non un uomo qualunque, un uomo conosciuto, molto conosciuto.
Quell’ uomo si chiama Pier Paolo Pasolini.
Pasolini è stato barbaramente massacrato, il volto irriconoscibile la mattina seguente, il sangue reso cemento a causa della notte passata all’ aperto. L’ immagine che rappresenta il corpo di Pasolini ormai morto è terrificante. Chi lo ha ridotto così? L’ unico ad essere stato indagato, e poi condannato, per quell’ omicidio è Pino Pelosi detto “la rana” che all’ epoca dell’ accaduto aveva diciassette anni. Pino era un ragazzo romano, dei cosiddetti “quartieri bassi”, di gradevole aspetto: capelli neri, ricci, occhi scuri, profondi, penetranti. Era uno di quei ragazzi che “piacevano a Pier Paolo”, così si diceva.
Fino a pochi anni fa la versione ufficiale, l’ unica versione presa in considerazione, riguardo quel terribile omicidio relegava l’ accaduto ad una semplice “resa dei conti” tra omosessuali: Pasolini abborda Pelosi per avere rapporti sessuali con lui, gli chiede qualcosa che a Pelosi non va di fare, inizia la colluttazione. Pelosi scappa ma Pasolini lo insegue con un bastone per ucciderlo finchè lo raggiunge ma allora è Pelosi ad avere la meglio: massacra Pier Paolo e, non contento, gli ruba la macchina e passa sopra al suo corpo fracassandogli la cassa toracica. Fine della storia. E’ colpa di Pasolini che voleva costringere, a suon di bastonate, un ragazzino di diciassette anni ad avere rapporti con lui.
L’ immagine dell’ intellettuale che risulta da questo racconto è disgustosa.
Ma le cose sono andate davvero così? E’ credibile che un uomo come Pasolini avesse davvero intenzione di picchiare il ragazzo? Ed è credibile che un diciassettenne solo, alto un metro e settanta che pesava sessanta chili, possa aver ridotto in quello stato un uomo molto più grande e robusto di lui nonché cintura nera di karate, dunque abile conoscitore delle arti marziali? Può un ragazzo da solo aver fatto tutto questo?
E’ importante ricordare che dopo molti anni di silenzio passati in carcere Pelosi cambia versione: non ha ucciso lui lo scrittore, ma era presente in quel momento. Non ha parlato prima per paura che i veri assassini potessero far del male alla sua famiglia; ora i presunti assassini sono morti e Pelosi può dire la verità, quella verità che racconta anche in un’ intervista che è possibile leggere nel libro “Profondo nero” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, edita da Chiarelettere.
Ora è necessario riflettere su chi fosse Pasolini e in che periodo storico è avvenuto l’ omicidio che lo ha visto vittima. Pasolini era un intellettuale instancabile, scrittore di libri come “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”; regista di indimenticabili film come “L’ accattone” e “Salò e le 120 giornate di Sodoma”.
Ma non solo. Pier Paolo era anche un intellettuale di sinistra, molto vicino al Pci, che pur aspramente criticava. Era un omosessuale e non ha mai fatto nulla per nasconderlo. Era un libero pensatore che nei suoi articoli sul Corriere della sera, sotto il nome di “Scritti corsari”, diceva tutto ciò che pensava, attaccava i potenti; questo dava fastidio. Un intellettuale così, svincolato da ogni potere, era una mina vagante.

“Io so” (disse Pasolini in un articolo del novembre ‘74 intitolato “Che cos’è questo golpe?”)
“Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti”autori materiali delle stragi più recenti […] Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace […]”.
Un uomo così spaventava quel “vertice”.
A far luce sulla vicenda ci pensa il bellissimo libro “Profondo Nero” . Nel libro si parla di tre omicidi apparentemente svincolati tra loro: la morte del presidente dell’ Eni Enrico Mattei, del giornalista Mauro De Mauro e del personaggio poliedrico Pier Paolo Pasolini. Che cosa hanno in comune questi tre personaggi e le loro sorti?
Pasolini stava lavorando ad un’ opera monumentale: Petrolio. Un romanzo che cercava di gettar luce sulla morte di Enrico Mattei. De Mauro stava indagando sulla fine di Mattei, ed è morto; Pasolini stava indagando sul medesimo argomento per poter scrivere la sua opera, ed è stato massacrato.
Pelosi, in un’ intervista rilasciata agli autori di Profondo nero, alla domanda ”Secondo Lei che cosa è successo quella sera?” risponde chiaramente: “secondo me era una lezione, una punizione forse dovuta al partito o alla politica. Pasolini stava sul cacchio a qualcuno. Lo massacravano e gli dicevano “Sporco comunista, sporco frocio”” e continua “Se tu uccidi qualcuno in questo modo, o sei pazzo o hai una motivazione forte. Se gli assassini so no riusciti a sfuggire alla giustizia per trent’ anni, pazzi non sono certamente…Avevano una ragione importante per fare quello che hanno fatto. E nessuno li ha mai toccati”
Forse le verità di Petrolio spaventarono qualcuno? Forse si è pensato che Pasolini non avrebbe dovuto parlare, che era necessario zittirlo, in qualunque modo.
Come scrivono Lo Bianco e Rizza “Un filo nero come il petrolio lega gli omicidi di Mattei, De Mauro e Pasolini. Le loro storie chiedono oggi di essere rilette per illuminare gli antri più bui della nostra repubblica”.
Chi ha ucciso Pasolini? Chi ha tratto giovamento dal suo perpetuo silenzio?