*(Nella foto: Eugene H. Robinson)*
Dalle colonne del prestigioso Washington Post del 29 settembre si è levata una voce autorevole contro Roman Polanski, che nel frattempo ha ricevuto il supporto ulteriore di Martin Scorsese e Woody Allen. Il quotato opinionista del Post Eugene H. Robinson non usa la mano leggera sulla questione Polanski (clicca qui per leggere l'articolo in inglese): “Roman Polanski non ha sofferto abbastanza? Non ha dovuto sopportare tutti quegli inverni grigi, freddi e piovosi a Parigi?”. Il giornalista va oltre, passando dai terribili ristoranti quotati dalla Michelin alle scelte estive limitate alle monotone località della Francia meridionale. Secondo Robinson, la questione dell’autore del (giustamente) celebrato Chinatown è pura e semplice: Polanski ha violato la legge nel 1978 per un crimine ripugnante (lo stupro di una 13 anni sotto l’effetto di sostanze stupefacenti) e deve essere perseguito. Robinson nega l’esistenza di ogni attenuante: il tempo, le sofferenze del regista (spesso la biografia di Polanski viene evocata dai suoi difensori), le proteste della vittima che ormai dichiara di aver perdonato e dimenticato.
L’autore dell’editoriale esprime inoltre rabbia nei confronti di coloro che hanno dato il proprio supporto alla causa del rilascio di Polanski e nei confronti delle loro argomentazioni “Polanski ha 76 anni? E’ un grande regista? E’ stato costretto alla fuga perché avrebbe sicuramente affrontato una sentenza ingiusta? Mi dispiace ‘mes amis’ -prosegue l’articolo- ma se decidete di diventare fuggitivi dovete accettare il fatto che un giorno vi potrebbero riacchiappare”. Su quest’ultimo punto Robinson si accanisce in particolare: sulla fuga di Polanski (apertamente accusato di vigliaccheria dall’autore) dinanzi alle proprie responsabilità. La conclusione dell’articolo, giornalisticamente parlando, è un piccolo capolavoro (a prescindere dalle opinioni personali sul rilascio del regista polacco): “Ci troviamo di fronte a quel tipo di personaggio, e Polanski come regista lo sa bene, che non si merita un lieto fine”.

L’autore dell’editoriale esprime inoltre rabbia nei confronti di coloro che hanno dato il proprio supporto alla causa del rilascio di Polanski e nei confronti delle loro argomentazioni “Polanski ha 76 anni? E’ un grande regista? E’ stato costretto alla fuga perché avrebbe sicuramente affrontato una sentenza ingiusta? Mi dispiace ‘mes amis’ -prosegue l’articolo- ma se decidete di diventare fuggitivi dovete accettare il fatto che un giorno vi potrebbero riacchiappare”. Su quest’ultimo punto Robinson si accanisce in particolare: sulla fuga di Polanski (apertamente accusato di vigliaccheria dall’autore) dinanzi alle proprie responsabilità. La conclusione dell’articolo, giornalisticamente parlando, è un piccolo capolavoro (a prescindere dalle opinioni personali sul rilascio del regista polacco): “Ci troviamo di fronte a quel tipo di personaggio, e Polanski come regista lo sa bene, che non si merita un lieto fine”.