Caso Marrazzo: DIMISSIONI del Presidente, e i 4 Carabinieri restano in carcere

"Mi autosospendo, questa vicenda è frutto di una mia debolezza della vita privata". Con queste parole Piero Marrazzo lascia la poltrona di presidente della Regione Lazio. Lo fa dopo lo scandalo del ricatto a luci rosse che lo ha coinvolto. Lo fa mentre lo scandalo legato a quel video che lo ritrae con una transessuale, è ormai di dominio pubblico. Marrazzo, dopo ore di pressing dei partiti che sostengono la giunta, decide di lasciare. I poteri, adesso, passano al vicepresidente Esterino Montino che spiega: "Marrazzo non sarà ricandidato". Nella delega si dovrebbe fare riferimento ad un impedimento di fatto nello svolgimento della carica di Presidente della Regione e si dovrebbe parlare espressamente di indisponibilità per motivi di salute.

Scongiurate, dunque, le elezioni anticipate a gennaio, come auspicato dal centrodestra e come sarebbe avvenuto se Marrazzo si fosse dimesso oggi. Nel Lazio, dunque, si voterà a marzo. Chi sarà il candidato del centrosinistra è tutto da vedere. "E' bene che la coalizione scelga con le primarie il candidato con un percorso aperto e democratico, dando un segno di forte novità" dice Montino.

Marrazzo, dopo che ieri aveva negato di essere coinvolto nella vicenda, oggi decide di cambiare linea. ed ammettere il suo coinvolgimento. "La mia permanenza è inopportuna. Ho detto la verità ai magistrati prima che l'intera vicenda fosse di pubblico dominio - dice l'ormai ex presidente - L'inchiesta sta procedendo speditamente anche grazie a quelle dichiarazioni, che sono state improntate dall'inizio alla massima trasparenza. Si tratta di una vicenda personale in cui ho sempre agito da solo". Ed ancora: "Nelle condizioni di vittima in cui mi sono trovato ho sempre avuto come obiettivo principale quello di tutelare la mia famiglia e i miei affetti più cari. Gli errori che ho compiuto non hanno in alcun modo interferito nella mia attività politica e di governo. Con questa scelta apro un percorso che porti alle mie dimissioni".

Interrogatori. Nel frattempo, dopo gli interrogatori di oggi, restano in carcere i quattro carabinieri arrestati dal Ros perché accusati di aver ricattato Marrazzo ripreso in atteggiamenti intimi con un transessuale. Ma uno degli indagati dice: "Forse non era lui nel video". Il Gip del tribunale di Roma Sante Spinaci dovrà esaminare la richiesta di convalida del fermo emesso dalla procura di Roma nei confronti dei sottufficiali infedeli Luciano Simeone, Carlo Tagliente, Antonio Tamburrino e Nicola Peschini. I militari sono accusati, a vario titolo, di estorsione, ricettazione, violazione della privacy e violazione del domicilio. Due di loro, secondo le accuse, avrebbero fatto irruzione nel luglio scorso nell'appartamento in uso ad un transessuale in via Gradoli a Roma, nello stesso condominio dove nel 1978 fu scoperto un covo delle Br utilizzato dai terroristi come base per il sequestro di Aldo Moro. Qui i carabinieri avrebbero filmato Marrazzo, seminudo, in compagnia della trans estorcendogli denaro e facendosi consegnare due assegni per un totale di 20mila euro, mai giunto all'incasso.

Gridano al complotto, alla montatura, ma restano in carcere i 4 carabinieri accusati di aver ricattato il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, cercando poi di vendere un video compromettente che lo vedeva in una stanza di un appartamento di via Gradoli, a Roma, in compagnia di un transessuale. E oggi, mentre nel carcere di Regina Coeli i 4 carabinieri venivano interrogati dal gip Sante Spinaci, la bufera giudiziaria e politica che ha inghiottito il governatore del Lazio ha toccato il suo momento piu' delicato, quando Marrazzo ha deciso di autosospendersi dall'incarico. Intanto, in giornata, nuove indiscrezioni e nuovi particolari hanno fatto capolino nell'intricata vicenda che al momento vede come unici indagati i 4 carabinieri arrestati - Luciano Simeone, Antonio Tamburrino, Carlo Tagliente e Nicola Testini - accusati a vario titolo di estorsione, violazione della privacy e violazione di domicilio. Cosi' si e' appreso che il video girato, quello che testimonierebbe l'incontro tra Marrazzo e il trans conosciuto con il nome di Natalie, avrebbe anche un breve fermo immagine che riprenderebbe l'auto di servizio del presidente. Nell'inquadratura del video si vedrebbe appunto l'auto blu e, ben visibile, anche la targa. Quelle che seguono poi sono le brevi riprese interne con l'incontro tra Marrazzo e il transessuale. E sembra anche emergere che il governatore si sarebbe recato piu' volte in via Gradoli con l'auto di servizio facendosi lasciare pero' ad alcune centinaia di metri per poi proseguire a piedi verso l'appuntamento.
Allo stato dei fatti comunque, agli atti dell'inchiesta non sono emerse responsabilita' giudiziarie di nessuno all'infuori dei 4 militari dell'Arma infedeli. Quello che si dovra' chiarire con le prossime tappe dell'inchiesta sara' soprattutto il ruolo di Natalie nell'intera vicenda. Sapeva dell'imminente irruzione dei carabinieri nell'appartamento? E sapeva soprattutto che qualcuno avrebbe girato un video per poi ricattare il governatore? Oggi uno degli arrestati, il maresciallo Antonio Tamburrino, avrebbe detto che quella mattina di luglio in via Gradoli avrebbe visto ''una persona che forse somigliava a Marrazzo. Ma non sono sicuro, non so dire con certezza se si trattasse del presidente Marrazzo o no''. Tocchera' adesso ai carabinieri del Ros e alla procura di Roma chiarire se invece fosse stato tutto organizzato e pianificato nei dettagli o se i 4 carabinieri si fossero trovati in quell'appartamento per caso. Anche perche', secondo la loro versione, anche loro sarebbero stati ''vittime e pedine della stessa macchinazione'' ai danni di Marrazzo; macchinazione ordita da chi sarebbe gerarchicamente ''molto piu' in alto''. E' stato questo il denominatore comune della difesa di Testini, Simeone e Taglienti, i tre sottufficiali che rispondono dei reati piu' gravi. Tutti, poi, hanno respinto le accuse di aver estorto denaro a Marrazzo, di averlo ricattato e hanno fatto riferimento, secondo indiscrezioni trapelate, ad ''un piano'' ordito anche ai loro danni, oltre che ai danni dell'ex governatore, in cui loro quattro sarebbero serviti come capri espiatori da sacrificare sull'altare di un non meglio precisata strategia per delegittimare il presidente della Regione. Al gip, a loro difesa, hanno elencato ''gli encomi ricevuti'' in una carriera specchiata. Hanno parlato ed elencato le operazioni antidroga sostenendo di essere ''invisi e odiati'' negli ambienti dei transessuali e dei tossici della zona a nord di Roma, dove si trova l'abitazione di Natalie. Hanno anche respinto l'accusa di aver danneggiato, come sostenuto nel provvedimento di fermo, le auto della figlia e della ex moglie di Marrazzo, ma il gip ha confermato nell'ordinanza l'impianto accusatorio, rilevando per i carabinieri infedeli il pericolo di fuga, l'inquinamento delle prove e la reiterazione del reato. ''Devono restare in carcere''.

FONTI: REPUBBLICA.IT E ANSA.IT