Triage con Colin Farrell apre la Festa del Cinema di Roma

Il film d’apertura già divide la critica cinematografica: ad alcuni è piaciuto, molti altri l’hanno trovato scontato e poco efficace dal punto di vista drammatico. Chi scrive si colloca tra i secondi: Triage non è stato convincente, ha messo troppa carne al fuoco per sfumare poi in una conclusione fin troppo annunciata. Ma veniamo al tema (o meglio: ai temi) di Triage. Il tema principale è la guerra, intesa come linea di confine che separa chi ne ha avuto esperienza in due file molto ben distinte: i vivi e i morti. Ricordiamo (per chi non rammenti la serie Tv ER) che il triage è una rapida prognosi dei pazienti che serve a stabilire la loro priorità nel ricevere le cure, procedimento particolarmente utile in situazioni di crisi (guerre, calamità, ecc.). In questo film il triage serve a distinguere i pochi che hanno una possibilità di sopravvivere dai molto che sono comunque condannati a morire per le ferite ricevute. Fuor di metafora, chi torna dalla guerra da chi non torna.

Sulla carta Triage è un film molto raffinato non solo per la riflessione sulle conseguenze degli eventi bellici ma anche per le considerazioni sull’atto del guardare, dell’assistere senza partecipare, in una specie di scissione tra presenza e distanza. Non è un caso che il protagonista sia un fotografo di guerra. Tuttavia c’è qualcosa che non funziona.

La pellicola indugia molto sulle parole, spesso troppo retoriche o troppo scoperte nel loro significato; c’è quasi una mancanza di pudore, un pudore che forse avrebbe permesso al senso del film di penetrare a un livello più profondo. Anche il discorso sull’immagine e sull’obiettivo della macchina fotografica come tramite per distanziarsi dalla violenza osservata viene portato avanti a un livello troppo superficiale per essere davvero ficcante. La regia è spesso molto convenzionale e l’uso quasi trito dei flashback, accompagnati a spiegazioni verbose e fin troppo didascaliche appesantisce ulteriormente una pellicola che non eccelle dal punto di vista del ritmo.

Buone le performance degli attori, tra cui spiccano Colin Farrell e Paz Vega. Da notare la presenza di Christopher Lee, di grande simpatia anche in questo ruolo tutto sommato minore.

Mauro Corso