Lodz difenderà il suo “cittadino Polanski”?

Il nome Lodz in Italia non è particolarmente noto. Al massimo qualche appassionato di calcio più accanito si ricorderà di qualche scomoda trasferta in questa città della Polonia, di grande importanza nella storia recente di questo paese lontano. Per ben altri motivi. Lodz in Polonia vuol dire cinema, tanto quanto Cinecittà o altri centri europei in cui il cinema è rinato dopo la distruzione portata dalla grande guerra. La situazione in Polonia alla fine del secondo conflitto mondiale era però di particolare gravità: gli studio erano stati distrutti, attori, registi e tecnici di vari livelli e competenze erano stati uccisi o erano emigrati all’estero. Inoltre la nuova società comunista richiedeva la definizione di modelli etici nuovi ai quali dovevano conformarsi tutti i mezzi di espressione artistica. In questi anni convulsi, appassionati e pericolosi nacque la Scuola di cinema di Lodz (con i relativi teatri di posa), in cui studiò tutto il cinema polacco da Wajda a Kieslowski. Nel 1954, a ventun’anni di età, vi studiò anche Roman Polanski e fu in quella città che compì i primi lavori come attore. Il suo primo cortometraggio si chiamava “la bicicletta” (Rower) ed era ispirato a un evento autobiografico: un triplice omicida gli aveva rubato la bici quando Roman aveva 16 anni. Per un errore durante la fase di sviluppo buona parte della pellicola andò perduta ma questo, come sappiamo, non lo scoraggiò. Polanski è anche stato il primo regista polacco a realizzare un film che non evocava in alcun modo la realtà della guerra, con “il coltello nell’acqua” che gli valse la scomunica di uno dei “faraoni comunisti” dell’epoca, Gomulka. Ora che Polanski è detenuto in Svizzera in attesa di un eventuale estradizione negli Usa, la città di Lodz si trova di fronte a un dilemma. Sembra una questione di poco conto, ma a Lodz se ne parla ovunque: per strada, nei bar, negli autobus. Nel 2000 consegnò al regista la cittadinanza onoraria. Ora, è stato aperto un forte dibattito sull’eventualità di revocargli questa onorificenza. I termini della questione negano ogni forma di passività: se si sceglie di non revocare la cittadinanza allora bisogna far sentire forte la propria voce affinché il “piccolo polacco” sia liberato. Dopo una dichiarazione ambigua da parte del Presidente Kaczynski, che ha evocato “la complicatezza della questione visto che, anche se le accuse sono gravi, in effetti sono passati molti anni”, in molti si aspettano una presa di posizione del rettore della scuola di cinema di Lodz. Per ora ha parlato solo il prorettore dichiarando che “Roman è stato un nostro laureato e dottore honoris causa. Dovremmo far sentire la nostra voce”. Quando ricevette la cittadinanza onoraria, Roman Polanski disse in preda a una visibile commozione “questa città ha fatto per me molto più di quanto io abbia fatto per lei”. Ora vedremo se Lodz è davvero intenzionata a compiere l’ultimo miglio.

***(Nella foto: un giovanissimo Roman Polanski nel primo film di Andrzej Wajda: Pokolenie).