L’ INDIFFERENZA DI GOMORRA

Due minuti di video. E’ questo il tempo sufficiente per assistere ad una esecuzione in diretta.
Il video è stato reso pubblico ieri, il fatto è accaduto al quartiere Sanità di Napoli: un camorrista viene ucciso a sangue freddo, all’ uscita di un bar, da un uomo a volto scoperto. Tre colpi tra la nuca e la schiena ed un uomo ha finito la sua esistenza, in pieno giorno, sotto gli occhi di tutti: bambini che tornano da scuola, uomini e donne che passeggiano, un uomo che si sposta di poco, per non “andarci di mezzo”. Ma ciò che più lascia allibiti è il comportamento di una donna che prima scavalca il cadavere come se fosse un sacco dell’ immondizia e poi ritorna, lo solleva per il colletto della camicia e ne guarda il volto, come se cercasse di trovarvi dei lineamenti familiari o, meglio, come se sperasse di non trovarli. Non era chi temeva, non conosceva quell’ uomo o forse lo conosceva e non le importava. Questa volta l’ uomo a terra non ha nulla a che fare con lei, dunque lascia che la testa cada a terra, come fosse quella di un manichino.
Sono passati meno di cinquant’ anni dal giorno in cui fu edito “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia, il primo romanzo che parlò di mafia vera. Il primo romanzo che osò sostenere che la mafia fosse un’ organizzazione criminale e non solo una simpatica componente folcloristica. I mafiosi, per Sciascia, erano delinquenti e se lo stato non si fosse occupato del problema in maniera adeguata la “linea della palma” avrebbe seguito il suo corso. Quando Sciascia pubblicò il suo libro dovette accettare aspre polemiche; la gente, i mafiosi e perfino lo stato stesso, continuavano a trattare il fenomeno mafioso come se si trattasse di un gruppo di “brava gente” che aveva a cuore la propria terra e che cercava di difendere il proprio territorio. Non si capiva, o si fingeva di non capire, che quella gente e quel territorio necessitavano di essere protetti da loro.
E’ stata la procura di Napoli a far circolare il video dell’ omicidio avvenuto a Maggio scorso, lanciando un appello a chiunque sappia o abbia visto qualcosa. Probabilmente nessuno parlerà, probabilmente nessuno avrà qualcosa da dire. Non ce da stupirsi; ricordo ancora le interviste susseguenti l’ uscita di Gomorra, famoso libro del coraggioso Roberto Saviano, “la mafia non esiste” e ancora “quello si è inventato tutto per diventare ricco”. Se così fosse Saviano si sarebbe comportato da sprovveduto: come può utilizzare la sua ricchezza essendo così giovane eppure da così tanti anni sotto scorta?
No, nessuno crede davvero che Saviano abbia inventato tutto, nessuno crede che Falcone e Borsellino mirassero ad un potere che non hanno avuto e che tuttavia gli è costato la vita.
Ma ce la sentiamo davvero di giudicare chi non parla? Chi tace? Certo, non mi riferisco a quei mafiosi che tacciono perché preferiscono farsi giustizia da soli. Parliamo di quelle persone che si sono trovate in un posto sbagliato al momento sbagliato, quelle persone che dalla mafia preferiscono tenersi lontane. Possiamo davvero criticarli perché non si espongono? In un paese normale che dispiega tutte le sue forze per difendere chi cerca di eliminare questo fenomeno si; potremmo condannarle. Ma in uno stato in cui da giorni si parla di un Papello che proverebbe senza riserve l’ esistenza di un vecchio accordo Stato- mafia, un papello in cui compaiono nomi di personaggi che continuano indisturbati a compiere i loro incarichi, siamo sicuri che sia colpevole chi tace? Falcone e Borsellino e gli uomini delle loro scorte, hanno versato il proprio sangue in nome di quegli ideali che troppi potenti, ogni giorno, tradiscono.